Freschi, ma soprattutto secchi, i legumi sono ottime fonti di proteine: quelli secchi ne contengono infatti una quantità all’incirca pari,
o anche superiore a quella della carne (anche se la qualità è
inferiore) e doppia rispetto a quella dei cereali.
Sebbene di origine vegetale, queste proteine apportano alcuni aminoacidi essenziali (come lisina, treonina, valina e triptofano)
in discreta quantità, superiore a quella presente nelle proteine dei
frumento, del mais e del riso.
Queste ultime, d’altra parte, contengono buone dosi di aminoacidi
solforati, che sono invece scarsi nei legumi .
Da tutto ciò deriva l’importante considerazione di ordine pratico che l’associazione di cereali o loro derivati (pane, pasta, riso, ecc.)
con i semi di leguminose è molto razionale, in quanto i due patrimoni
proteici, entrambi incompleti, si integrano e si riequilibrano vicendevolmente, fino a mettere a disposizione dell’organismo,
per le sue necessità di costruzione e di riparazione di tessuti e di molecole, una miscela proteica il cui valore biologico
è paragonabile a quello delle proteine animali.
E’ quanto avviene in tanti piatti tradizionali della cucina mediterranea,
quali pasta con fagioli e pasta con ceci, nonché nel riso con piselli.
Allo stato secco i legumi hanno un elevato contenuto – intorno al 50% in peso – di glucidi (carboidrati), rappresentati prevalentemente da amido, oltre che da pentosani, destrine, galattani.
Il valore calorico quindi è elevato, e fa di questi alimenti una ottima fonte di energia.
I legumi, con l’eccezione della soia, contengono pochi grassi (2-4%), il che li rende consigliabili per le diete ipolipidiche.
Inoltre tali grassi sono in genere ricchi di acidi grassi polinsaturi.
Elevato è invece il contenuto in fibra alimentare, sia di quella «insolubile» (soprattutto cellulosa, localizzata prevalentemente nella buccia esterna), capace di regolare le funzioni intestinali, sia di quella
«solubile» o «formante gel», capace di collaborare al controllo dei livelli di glucosio e di colesterolo nel sangue.
Principalmente allo stato secco, i semi di leguminose contengono una discreta quantità di fosforo ed anche (sebbene parzialmente legata e quindi non del tutto disponibile per l’assorbimento) di calcio e soprattutto di ferro, uno dei principi nutritivi più scarsamente presenti negli alimenti.
Per quanto riguarda le vitamine, i legumi apportano quantità apprezzabili di alcune vitamine del gruppo B (B1, B2 e niacina),
e, allo stato fresco, anche di vitamina C.
Uno dei principali inconvenienti presentati dai legumi è il lungo tempo di cottura richiesto.
Esso può però essere abbreviato ammollando in acqua il prodotto, oppure aggiungendo all’acqua di cottura del bicarbonato o altri sali alcalini, oppure ancora aggiungendo il sale solo alla fine della cottura. Queste pratiche tradizionali favoriscono l’ammorbidimento dei semi ed hanno un buon successo.
Attualmente l’inconveniente dei lunghi tempi di cottura può essere superato ricorrendo alle pentole a pressione, oppure ai legumi precotti o a quelli inscatolati, più costosi di quelli sfusi ma più pratici
all’uso.
I fagioli (phaseolus vulgaris)
Sono noti da tempo immemorabile. Originari dell’America, sono stati coltivati fin dai tempi più antichi: vasi contenenti fagioli sono stati trovati in Perù nelle tombe del periodo pre-Inca; erano molto
apprezzati anche dai Romani (ne troviamo cenno nel ricettario di Apicio «de re coquinaria»); furono introdotti in Europa nel XVI secolo in seguito alle spedizioni spagnole nelle Americhe.
In ogni tempo questo legume ha costituto il piatto forte sulle mense dei ceti meno abbienti, tanto da meritare l’appellativo di «carne dei poveri». I fagioli comprendono oltre 300 varietà, una sessantina
delle quali commestibili. Ve ne sono di bianchi, rossi, neri, variegati, piccoli, grandi, tondeggianti, schiacciati: si passa, per esempio, dal fagiolo «messicano» (piccolo, nero e tondeggiante) al fagiolo “di
Spagna” (grande, bianco e schiacciato).
Del fagiolo si possono consumare sia i baccelli giovani e teneri (fagiolini) sia i semi, lasciati ingrossare e colti quando il baccello comincia ad ingiallire. I fagioli si possono consumare sia allo stato fresco che essiccati.
I fagioli sono un alimento di rilevante valore nutritivo. Il loro contenuto proteico medio va dal 2% dei fagiolini al 6,5% dei fagioli freschi e al 23,5% dei fagioli secchi. Nei fagioli è inoltre discreto il
contenuto in vitamine B1 e B2 e in niacina.
Va però ricordato che la B 1 viene in buona parte distrutta
dalla prolungata cottura resa necessaria dalla particolare consistenza dei tegumenti esterni del fagiolo.
I fagioli secchi rappresentano anche una buona fonte di calcio, potassio e ferro.
Dato il gran numero di qualità disponibili, i fagioli si prestano a una notevole varietà di preparazioni (zuppe, minestre, passati, contorni, insalate) e sono digeriti lentamente, determinando quindi un
prolungato senso di sazietà.
La digeribilità gastrica migliora se vengono privati della buccia o se vengono consumati come passati, oppure dopo una cottura particolarmente prolungata.
Le lenticchie (lens esculenta)
La lenticchia fu uno dei primi alimenti coltivati e consumati dall’uomo: se ne sono trovate tracce in Turchia in scavi risalenti al 5.500 a .C. ed anche in tombe Egizie del 2.500 a .C.
La migliore testimonianza della considerazione in cui era tenuto questo cibo nell’antichità è rappresentata dall’episodio biblico secondo il quale Esaù cedette al fratello Giacobbe il diritto di
primogenitura proprio per un piatto di saporite lenticchie.
La lenticchia ebbe larga diffusione nei Paesi dell’Asia Minore, per poi diffondersi in Europa.
Esistono varietà a semi più grandi (6- 9 mm ), gialli o verdi, coltivate soprattutto negli Stati Uniti e nell’America del Sud, e varietà a semi più piccoli (2- 6 mm ), arancioni, rossi o marroni, coltivate nel
bacino del Mediterraneo, nel Medio Oriente e in India.
Per quanto riguarda il suo valore nutritivo, la lenticchia vanta un contenuto particolarmente elevato di proteine (25%) e di glucidi. Contiene inoltre buone quantità di fosforo, di calcio, di potassio, di ferro e di niacina.
Le lenticchie non richiedono periodi di ammollo prima della cottura, per la quale sono richiesti tempi più brevi che non per gli altri legumi. Chi ha difficoltà digestive potrà consumare le lenticchie sotto
forma di passato, così da frantumare e ridurre le bucce. Il loro uso più frequente è sotto questa forma oppure come zuppe o in umido o come contorno di insaccati cotti (zampone, cotechino): è proprio in
questa veste che durante le festività di fine anno la lenticchia trionfa su tutte le mense come gustoso e bene augurante contorno.
I piselli (pisum sativum)
Insieme alle lenticchie, sono i legumi di cui si hanno notizie più antiche. Forse originari dell’Asia, le loro prime tracce risalirebbero addirittura all’ultimo periodo dell’epoca della pietra.
Sono stati ritrovati negli scavi di Halicat in Turchia ( 5.500 a .C.), nelle tombe dei Faraoni e nelle rovine di Troia, ed erano anche alimenti familiari nell’antica Roma.
Oggi sono largamente coltivati nell’Europa Centrale e Meridionale, e sono diffusissimi in Italia.
Sono disponibili nelle varietà lisce o rugose, gialle e verdi, e si trovano in commercio interi o sgusciati e spezzati. Vengono consumati sia freschi che secchi, sia conservati in scatola che surgelati. Il loro
consumo maggiore si ha però sotto forma dl semi allo stato immaturo, freschi o surgelati, un tipo di alimento che andrebbe considerato come facente parte del gruppo degli ortaggi.
Le moderne tecniche di conservazione permettono di disporre di piselli freschi in tutti i mesi dell’anno.
I piselli freschi contengono circa il 7% di proteine e forniscono circa 75 calorie per 100 g di peso netto.
Quelli secchi hanno invece un valore nutritivo notevolmente più elevato, perché la perdita di acqua porta ad una rilevante concentrazione di tutti gli elementi nutritivi: le proteine sono infatti presenti per il 21% e le calorie salgono a circa 300 per 100 g . Notevole anche il contenuto in potassio e in fosforo e
discreto quello in vitamina B1 e in niacina.
Anche i piselli, come tutti gli altri legumi, è preferibile che siano passati e trasformati in purea quando
debbono venire consumati da persone con apparato digerente particolarmente sensibile. Sia la purea di piselli che i piselli setacciati sono infatti ottimi per confezionare dei gustosissimi passati di verdure.
I ceci (cicer arietinum)
Furono uno dei primi alimenti consumati dall’uomo. Originari dell’Oriente, il loro nome deriva dalla parola latina “aries”, (ariete) che richiama la forma del seme.
Sono particolarmente diffusi nel Medio Oriente e in India, dove rappresentano un alimento di base.
Presentano un contenuto proteico lievemente inferiore a quello delle lenticchie e dei fagioli secchi, ma sono leggermente più ricchi in grassi, il che ne eleva il valore energetico e conferisce loro una
consistenza più morbida.
Il contenuto in carboidrati è simile a quello degli altri legumi sin qui considerati.
I ceci si prestano molto alla preparazione di gustose minestre, e possono essere utilizzati anche con la pasta, come contorni o in passati, forma questa consigliabile per le persone dall’apparato digerente delicato.
Anche i ceci, prima di essere cucinati, hanno bisogno di essere tenuti a bagno sin dal giorno precedente, con l’aggiunta di un pizzico di bicarbonato.
Le fave (vicia faba)
Pianta antichissima, originaria della Persia e dell’Africa Settentrionale, era già conosciuta nell’antico Egitto, ma le sue prime tracce risalgono addirittura all’epoca del bronzo e del ferro: sono state probabilmente i primi legumi consumati dall’uomo, perché non necessitavano del fuoco per essere preparate e mangiate, al contrario di quanto accade per fagioli, piselli, ecc., che hanno bisogno di subire una cottura per divenire commestibili.
Attualmente se ne coltivano diverse varietà, con semi di differenti grandezza e colore. Il loro consumo in Italia è stato notevole fino all’inizio del secolo, poi è andato gradualmente calando. In certe zone
(Mezzogiorno, Sicilia) sono consumate come frutta, oppure allo stato secco in minestre con pasta o verdure.
Attualmente in tutti i Paesi del bacino del Mediterraneo la coltura delle fave è in rilancio, ed esistono numerosi programmi che mirano a migliorarne le caratteristiche agronomiche e nutrizionali .
Il valore nutritivo delle fave è rilevante soprattutto per quanto riguarda l’apporto proteico del prodotto secco ( 27 g di proteine per 100 g di prodotto), l’apporto in carboidrati e quello in niacina.
Il consumo di fave, in particolar modo di quelle fresche può provocare il favismo, una forma di anemia da fragilità dei globuli rossi che insorge solo in persone predisposte geneticamente. Il favismo è diffuso nel bacino del Mediterraneo e particolarmente in Sardegna.
La soia (glucine max)
E’ originaria dell’Estremo Oriente (Cina, Giappone, Indonesia), e viene tuttora ampiamente coltivata in questi Paesi, anche se oggi i maggiori produttori mondiali sono gli Stati Uniti e il Brasile, ove la sua
coltivazione si è estesa agli inizi del XIX secolo. La soia è stata introdotta anche in molti Paesi Europei, come la Francia , la Russia , la Romania e l’Italia.
Appartiene botanicamente alla famiglia delle Leguminose, ma la composizione dei suoi semi differisce nettamente da quella degli altri legumi: il contenuto proteico elevatissimo (circa il 37%) e il contenuto
lipidico pure molto alto (circa il 18%) ne fanno uno dei prodotti più importanti nella alimentazione di numerosi popoli. Caratteristici sono anche il minore contenuto in glucidi (23% circa) e la composizione
in aminoacidi delle proteine, che è particolarmente interessante e vicina a quella di certe proteine
animali per quanto concerne il corredo in aminoacidi essenziali. Le proteine della soia sembra posseggano anche certe proprietà ipocolesterolemizzanti .
I semi di soia vengono consumati sia freschi che secchi ed in numerosissimi prodotti come farina, salsa, pane, ecc. L’elevato contenuto in grassi fa sì che la soia venga definita «oleaginosa» .
In Occidente la principale utilizzazione dei semi di soia riguarda l’estrazione dell’olio di soia, usato ampiamente come grasso da condimento e da frittura e particolarmente ricco (59% circa) in acidi grassi polinsaturi, utili anche per la loro azione di normalizzazione dell’assetto lipidico del sangue.
I semi di soia sono inoltre ricchi in calcio, in potassio e anche in ferro e in zinco, nonché in vitamina B1 e in niacina.
Nella nostra alimentazione la soia è ancora poco usata. Essa viene particolarmente sfruttata anche per altri scopi: il residuo della estrazione dell’olio, molto ricco di proteine (circa il 50%), viene usato per l’alimentazione del bestiame o per produrre farine, concentrati proteici (con il 70% di proteine) o isolati proteici (con il 90% e più di proteine). Le farine e i concentrati proteici possono essere impiegati per preparare (grazie alle moderne tecnologie di cottura e di estrusione e alla aggiunta di sostanze coloranti e aromatizzanti) dei prodotti «strutturati» simili alla carne (spezzatino, bistecca di soia, salsicce, salami, ecc.). L’isolato proteico può anche servire alla preparazione di un «latte di soia», che è molto utile nei casi di intolleranza al latte vaccino.
I semi di soia maturi hanno un sapore molto forte e un notevole contenuto in composti dall’effetto nutrizionalmente dannoso: per questa ragione, prima di essere consumati devono essere sottoposti a diversi trattamenti, (alcuni dei quali di fermentazione), noti fin dai tempi più antichi, attraverso cui si ottiene la salsa di soia o il miso. Il tofu, particolarmente popolare nella dieta cinese e giapponese e ora
diffuso anche negli Stati Uniti, è costituito da un coagulo, un po’ simile alla cagliata del formaggio, e viene ottenuto a partire dal semi di soia.
(fonte: Medicina Ecologica)