Il popolo Sicano e quello Siculo, abitanti della Sicilia già prima della guerra di Troia (intorno al 1270 a.C.),
derivano il loro nome da sica, falce, Sicano e Siculo significherebbero perciò “falciatore”. Da millenni,
perciò, la Sicilia è terra di cerealicoltura, migliorata e arricchita nel corso dei secoli dai dominatori greci e romani.
Uno dei centri più importanti di coltivazione del grano erano i campi leontini (Leontinoi), una delle prime colonie greche della Sicilia.
Tra le varietà di grano recuperate, il Russello, il Tumminia e il Margarito: sapientemente moliti a pietra, lavorati insieme ad acqua,
sale e pasta acida e cotti in forni di pietra a legna donano al pane profumi antichi e caratteristiche uniche.
L’uso della pasta acida nel processo di panificazione richiede tempi di fermentazione più lunghi, ma permette di ottenere
un pane dalla fragranza e dal sapore inconfondibile, con la pasta finemente e regolarmente alveolata,
più facilmente digeribile grazie alla lenta fermentazione che consente la formazione di molecole più semplici
e conservabile più a lungo (fino a 10 giorni) perché l’acidità dell’impasto rallenta il fenomeno del raffermamento.
L’utilizzo di grano biologico garantisce inoltre una maggior quantità di proteine, minerali e antiossidanti grazie
anche a uno stoccaggio attento alla conservazione delle qualità nutritive senza l’utilizzo di pesticidi.
I terreni non vengono sfruttati in modo intensivo, e ciò contribuisce a mantenere il territorio sano e a risollevare
l’economia agricola utilizzando al meglio i terreni agricoli locali. Con la molitura a pietra, effettuata mediante
sfregamento delicato sui chicchi di grano, si riescono a trasportare le sostanze nutritive nella farina e nel pane,
oltre a migliorarne notevolmente il sapore. Il forno in pietra è alimentato con legni dati dalla potatura e gusci di
mandorle, in grado di trasmettere tutti i propri profumi al pane.
Recupero degli antichi grani di Sicilia
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