Che sia santificata la pizza, ogni giorno, ma in particolare il 17 gennaio, ricorrenza del santo patrono dei fucarazzi e di tutte quelle professioni che al fuoco sono strettamente legate, Sant’Antonio Abate e, non a caso, scelta per celebrare il World Pizza Day.
Noi italiani non potremmo essere più grati al santo che ha rubato il fuoco dall’inferno per donarlo agli uomini, così da tenerli al caldo se, in minima parte, gli dobbiamo il concepimento dell’amatissima tonda, che negli ultimi anni è tornata alla ribalta, con un culto quasi superiore a quello della buona ristorazione. E se Sant’Antonio Abate è il suo protettore, Mastro Nicola è, nella leggenda, il suo inventore.
Si racconta, infatti, che il panettiere napoletano della fine del ‘400, uno dei migliori della città, abbia ideato ad inizio ‘500 un disco di pasta di pane condito, antenato della celebre pizza. A differenza di quello che si crede però, la storia della pizza non inizia con la Margherita.
Il disco di Mastro Nicola, infatti, non fu condito con la pummarola ma con la ‘nzogna (lo strutto), pepe, un generoso pugno di formaggio grattugiato e abbondante basilico. Per questo la partenopea Roberta Esposito – che ha da poco alzato la saracinesca di Marita, la sua insegna romana, dopo la celebre Contrada di Aversa – nonostante celebri nel nome i due capisaldi della pizzeria, Margherita e Marinara, ha deciso di celebrare il 17 gennaio all’insegna della tradizione. Da napoletana doc, non poteva che proporre, in edizione limitata e solo in occasione del World Pizza Day, la pizza più antica mai esistita. L’interpretazione della pizza chef – insignita dei 3 spicchi del Gambero Rosso – rivisita la tradizione con un occhio alla materia prima e all’abbinamento degli ingredienti.
Lo strutto scompare per lasciare spazio al ben più virtuoso e nutriente olio extra vergine che viene profumato con il rosmarino per conferire alla pizza una spinta di sapore in più. Il formaggio grattugiato (che nell’antichità era un vezzo gourmet per i più ricchi) viene sostituito con una fonduta di pecorino, che rende il morso più cremoso e omogeneo. Il basilico, altro ingrediente fondamentale della ricetta del celebre panettiere del ‘500, viene utilizzato per dare la parte croccante al piatto, quindi fritto in tempura e usato per chiudere la ricetta.
Per rendere omaggio al patrono partenopeo ma in una chiave più capitolina, la pizza romana, bassa e scrocchiarella, rappresenta una valida declinazione del tanto amato disco di pasta lievitata. Ancor di più se assaporata in un contesto bucolico tra piante rigogliose, verdi arbusti, luci soffuse e un ambiente dall’allure conviviale, informale ma elegante. Nel quartiere Vigne Nuove si può trovare infatti un’oasi golosa, ricavata all’interno di uno storico vivaio della zona, che dalla colazione al dopo cena coniuga cucina familiare, rigorosamente home made, semplice ma attenta al gusto e alla materia prima, e pizza di qualità. Romana, ma con un panetto leggermente più grande rispetto al solito (circa 200 grammi), la pizza di Belloverde è realizzata con un impasto a media idratazione, esclusivamente con lievito naturale e farina del Mulino Caputo Rossa di grano tenero, lievitato per oltre 24 ore. Cotta nel forno elettrico e stesa rigorosamente a mano, risulta leggermente più spessa rispetto alla classica romana per garantire una base idonea ad accogliere i tanti topping in menu, da quelli più classici a quelli gourmand.
Tra quelle da non perdere per questo World Pizza Day, c’è certamente “La 18 Mesi”, a base rossa, arricchita con prosciutto di Parma 18 mesi, burrata e olive taggiasche. Grande attenzione è riservata poi ai Calzoni Belloverde, come “L’accattone” con mozzarella, pomodoro, melanzane fritte servite con pesto di basilico e scaglie di grana ideale anche per chi segue un regime alimentare vegetariano. La pizza, d’altro canto, è l’alimento inclusivo per eccellenza ed è anche per questo che è tanto amata a tutte le latitudini.